Una classe immensa, messa a disposizione della Fiorentina ma anche della Nazionale e poi praticamente stop: questo è stato da calciatore, Giancarlo Antognoni.
Oggi la Bandiera viola compie 70 anni: una vita intensa la sua ricca di episodi contrastanti.
L’adolescenza la passa in Piemonte, a 16 anni Giancarlo è in Serie D ad Asti. Di lui si accorge il grande Pandolfini che convince il presidente Ugolino Ugolini a tirar fuori 435 milioni di vecchie lire per portarlo a Firenze. E’ la nascita di un mito ma anche di una storia travagliata.
Sfiora lo Scudetto nell’81/82, ma va vicinissimo anche alla morte, perché kamikaze Silvano Martina lo colpisce in testa con il ginocchio nel novembre 1981 con un’uscita assurda. Il suo cuore si ferma, viene rianimato sul campo, poi operato e definitivamente salvato in ospedale. La squadra miracolosamente continua a girare, ma perde il titolo all’ultima giornata nel modo in cui tutti ormai conosciamo a favore di una squadra innominabile.
Riesce ad andare ai Mondiali di Spagna dove la sua luce brilla sul campo: l’Italia raggiunge la finale, ma lui non la può giocare. Calciando da fuori con il piede incoccia in un giocatore avversario, Matysik: frattura, lacrime e niente finale. E soprattutto niente rigore tirato; è quello dal dischetto contro la Germania che invece ha battuto Cabrini, mandandolo fuori. Comunque alla fine è campione del Mondo anche Antognoni, nonostante sia costretto a vedere la finale dalla tribuna.
Altro grave KO nel 1984 con il sampdoriano Luca Pellegrini che gli spezza tibia e perone della gamba sinistra e lo costringe a stare fermo quasi due anni. Conclude la carriera in Svizzera al Losanna, prima di ritornare alla Fiorentina, tempo dopo come dirigente.
Il resto è storia recente, compresa la tensione con l’attuale proprietà e con Joe Barone in particolare: una storia finita male che di certo però non cancella quello che di immensamente buono ha fatto Antognoni in campo per la Fiorentina, ma anche dietro la scrivania durante la presidenza Cecchi Gori.