Aumenta la sensibilità e l’amore nei confronti degli animali d’affezione che sempre più spesso vengono adottati ed entrano a fare parte a pieno titolo della famiglia.
E sono sempre più numerose anche le persone che si avvicinano alle varie associazioni di volontariato, capaci di garantire un servizio molto importante per l’intera comunità, come ci ha dimostrato anche l’attualità, con ad esempio la gestione dell’emergenza Covid-19. Tante famiglie sono dovute ricorrere all’aiuto di volontari, affinché si occupassero dei loro cani o gatti durante le quarantene o, nei casi più gravi, i ricoveri ospedalieri.
E sono sempre di più le persone che, consapevoli dell’importanza di queste associazioni, impegnate nel garantire la tutela e il benessere degli animali, vorrebbero lasciare in eredità i propri beni, proprio a una di queste realtà.
Ma è possibile farlo?
“Il testamento – spiega Annalisa Lancellotti di LAV Modena, che ha già optato per questa scelta – è l’atto attraverso il quale si dispone, per il periodo successivo alla morte, la distribuzione dei propri averi ed è possibile nominare erede non solamente soggetti privati, ma anche enti no profit o associazioni che si occupano della tutela degli animali.
Per lasciare i propri beni a un’associazione occorre indicare tale volontà nel testamento, specificando l’esatta denominazione e il codice fiscale dell’ente che si vuole nominare come beneficiario. In Italia il testamento può essere olografo oppure pubblico.
Il testamento olografo è un documento scritto obbligatoriamente a mano con data e firma: può essere conservato in casa dal testatore (ovvero chi fa testamento) e/o affidato a una persona di fiducia, oppure (meglio ancora) a un notaio.
Il testamento pubblico invece viene redatto dal notaio che mette per iscritto le volontà del testatore in presenza di due testimoni: l’interessato viene così aiutato a dare disposizioni che siano a norma di legge”.
Cosa cambia nel caso si abbiano eredi diretti come figli, coniugi o genitori?
“Le norme italiane tutelano gli eredi legittimari, ovvero i parenti più stretti: il coniuge, i figli e, in loro mancanza, i genitori. A loro è riservata per legge una quota, detta legittima, che varia a seconda della composizione familiare. Per esempio, in presenza di un coniuge e di un solo figlio a entrambi deve andare almeno un terzo del patrimonio totale. Il resto costituisce la quota disponibile, che può essere lasciata a chi si desidera”.
Lasciare i propri beni in eredità a un’associazione di volontariato è possibile sia nel caso di beni mobili che immobili?
“Sì, si possono lasciare somme di denaro, azioni, titoli d’investimento oppure altri beni mobili (ad esempio gioielli), ma anche beni immobili (come un appartamento). Oppure si può indicare una Onlus quale beneficiaria di una polizza vita”.
Esiste anche la possibilità di vincolare il proprio lascito a uno specifico progetto?
“Certamente. Se si ha a cuore una specifica campagna, un particolare settore d’intervento che caratterizza le attività dell’associazione, vi si potrà fare riferimento direttamente nel testamento. È tuttavia consigliabile esprimere questo desiderio come una preferenza e non come un vincolo, perché in questo modo l’associazione potrà eventualmente destinare le risorse derivanti dal lascito a emergenze o alle priorità del momento”.
Il lascito testamentario a favore di un’associazione, come LAV, è un modo per continuare ad aiutare gli animali, anche dopo di noi. È possibile pensare anche al futuro dei propri animali domestici?
“Assolutamente sì, LAV, ad esempio, offre questa possibilità attraverso il programma denominato “Una cuccia per sempre”. Con un lascito a favore di LAV è possibile chiedere alla nostra associazione di prendersi cura dei propri animali domestici, per i quali cercherà la famiglia più adatta ad accoglierli”.
Federica Boccaletti