Luciano Ligabue è venuto a trovarci nei nostri studi, durante Bruno Mattina. Le canzoni del suo nuovo album, la crisi di coppia, il rapporto col figlio, gli amici di sempre, ma soprattutto: dov’è finito il regista del video Balliamo sul mondo?
L’intervista realizzata da Clarissa Martinelli ed Antonio Valli.
Il pezzo “Una canzone senza tempo” è dedicata a Roma, non è che hai deciso di andare via dalla tua Correggio puntando così ad una grande città?
“Se sono lì da quasi sei decenni un motivo ci sarà, credo. La canzone parla di una storia d’amore che vuole essere infinita. Per questo, nella città eterna è più facile sentire di essere senza tempo, perchè lì attorno vedi una dimensione temporale fin troppo antica che sembra quasi inesistente. Così, i due protagonisti vogliono rivivere eventi trascorsi, con la sensazione che il loro legame rimanga sigillato. Ad ogni modo, non potete immaginare il mazzo che mi hanno fatto i laziali. Totti, però, mi ha ringraziato dicendo che se giocasse ancora mi avrebbe dedicato il primo goal”.
C’è molto amore in queste canzoni, così come diverse riflessioni sull’importanza dei sentimenti. Soprattutto quelli che riescono ad andare contro le cose negative che la vita può presentarci.
“Si. Anni così brutti come questi non ne ho mai visti: pandemie, guerre, crisi, inflazione… La generazione Z afferma di non riuscire ad avere un’idea di futuro. Tutto questo non può non preoccupare chiunque, spaventa fino a farci sentire più isolati. Abbiamo bisogno di un “noi”, il mio album infatti ne è pieno: il primo è quello della coppia, il secondo è quello della famiglia che arriva anche sotto un punto di vista musicale grazie alla partecipazione di mio figlio alla batteria. Il terzo è quello che vivo quando salgo sul palco, dove riesco a condividere con le persone lo stesso tipo di sentimenti e valori. Infine, il noi di quelli fuori moda che vogliono avere la propria a tutti i costi”.
Sei sposato con Barbara, la tua “metà della mela”. In precedenza, hai affermato che questa canzone ti emoziona tanto siccome è legata ad un momento molto particolare. Qual è?
“ A volte le canzoni ti emozionano senza un perchè. Questa, ad esempio, ha il potere di farlo di più delle altre, nonostante alcune possano risultare migliori a livello di scrittura”.
Credi che la canzone “La metà della mela” possa rivelarsi il nuovo singolo?
“Chissà, magari si. Questo è da chiedere alla casa discografica, siccome io non ho mai scelto un singolo. Sono abituato a pensare che per me la musica sia fatta di album, e che le canzoni che possano farlo funzionare le lascio scegliere da chi ha più polso. Dal momento in cui scelgo di inserire una canzone, per me è importante come le altre. Nonostante questo, ovvio che mi piacerebbe che La metà della mela fosse singolo”.
Ci sono stati mal di testa, valigie fatte, adesso basta. Ma siamo ancora al nostro posto, il posto è qui. “Valigie fatte” è un modo di dire?
“Ovviamente ci sono anche dei momenti di crisi all’interno di una coppia. La nostra resiste da tanto tempo, ma siamo stati tanto forti da vincere momenti di crisi. Teniamo botta”.
Anche coi figli ci possono essere alti e bassi. La collaborazione con Lenny alla batteria ha migliorato o peggiorato il vostro rapporto?
“Decisamente migliorato. Dedicato a noi è l’album in cui più sono stato in studio di tutta la mia storia, ho iniziato a lavorarci verso fine pandemia. Ero con il mio produttore Barbacci, ma non avevamo pensato di fare un album, volevamo semplicemente lavorare. E’ stato proprio Barbacci stesso a decidere che Lenny avrebbe suonato. Nel frattempo, continuavo a raccontare le intenzioni che c’erano dietro ogni frase, facendo collegamenti rispetto a ciò che era capitato nel passato. Per questo, devo dire che mio figlio non aveva avuto ancora occasione di conoscermi così bene artisticamente ed umanamente”.
Balliamo sul mondo è stata la canzone che ti ha presentato a tutti noi nel 1990. E’ vero che all’inizio si chiamava Eroi di latta?
“Si, è vero. Venivo dagli anni ’70, dove era venuta fuori la musica da vedere che per me era inconcepibile. Ero un po’ infastidito dal fatto che certi artisti fossero diventati conosciuti per il loro look e non per le canzoni che facevano. Quello doveva essere il primo pezzo dell’album, fortunatamente il produttore mi aveva fermato in tempo. Nonostante c’era chi sosteneva fossi troppo vecchio a 30 anni per fare carriera, alla fine ho smentito tutti.
Il videoclip era totalmente improvvisato. Avevo il ventilatore puntato contro, e mi avevano detto di ballare come se fossi stato sul mondo. Non so nemmeno come si chiamasse il regista”.
Recentemente hai dichiarato che non ti piace fare foto senza avere interazione umana. Come ti poni riguardo al tema selfie?
“Mi pongo come una persona che si è adeguata, sono grato a chi mi è grato. Il cambiamento più forte che ho visto è stato nelle persone che passano il concerto con il telefono in mano, alzando così il livello di tensione della performance.
Si perdono dettagli mentre cercano di inquadrare qualcosa per farlo vedere ad altri, non vivendo ciò che andrebbe vissuto”.
Tempo fa immaginavi di incontrare Dio al bar e farci due chiacchiere, ora ti chiedi se si senta solo. A te, è mai capitato di sentirti così?
“Si. Spesso sto solo perchè ne ho bisogno. Scrivo da solo e quel tipo di solitudine mi serve. Sono circondato da persone che mi vogliono bene, quindi sono poche le occasioni in cui mi sento così. Credo, però, che ultimamente sempre più persone siano afflitte da questo sentimento. Nella canzone Chissà se Dio si sente solo, ho provato ad immaginare Dio raffigurato dalla religione cattolica. Io sono credente, una volta che si è stato cattolico, non si smette mai più di esserlo. Mi ritengo in una ricerca spirituale costante. In caso ora qualcuno dovesse osservarci, sicuramente non gli stiamo dando grande spettacolo. Chissà se gli manchiamo”.
Spesso diciamo di imparare dai nostri errori. E invece, puntualmente, ci ricaschiamo. Come possiamo saltarne fuori?
“Ognuno deve avere la propria risposta per saltarci fuori. L’importante è cominciare a cercarsela. Non possiamo diventare asuefatti, non possiamo avere la memoria sempre più corta. Le persone non possono lasciare che le cose capitino e basta. Questo sistema non va bene, ci deve essere una via alternativa”.
Hai fatto due date fantastiche all’Arena di Verona. Questo fine settimana sei a Torino, la prossima Firenze e poi Bologna.
“Si, quando mi dicono di suonare all’Arena corro sempre perchè è fantastica. Sto arrivando ad un numero record, è la 36esima volta che suono lì, è uno dei miei posti preferiti di sempre. Ora tocca ai palazzetti, la band è in formissima. E’ finalmente arrivata la mia vera vacanza, quella di stare sul palco”.
Chiara Di Lorenzo
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