Oggi ricorre la 20esima Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e innumerevoli saranno gli eventi e le voci che cadenzeranno un po’ ovunque, questo 25 novembre.
A Parma, ad anticipare la Giornata, sabato scorso (23 novembre 2019) il Comune con l’Assessorato alle Pari Opportunità, ha promosso un incontro speciale con una giornalista e scrittrice tra le più note in Italia, Natalia Aspesi, che da sempre si è immersa nell’universo femminile tracciandone i contorni e le evoluzioni, ma anche le involuzioni, che la storia contemporanea registra e ha registrato. La Aspesi in questo è forte, dall’alto dei suoi 90 anni, portati con estrema lucidità e arguzia, qualità che hanno sempre contraddistinto la sua attività.
Scorrendo i titoli dei suoi libri, tutti parlano di donne, ad iniziare dal primo edito nel 1973, “La donna immobile”, di cui abbiamo parlato nel nostro lungo colloquio telefonico
“Io non sono stata una combattente, ma ho partecipato sempre alla storia di noi donne e l’ho fatto anche con una certa ironia e distacco, notando pure, di certe rivendicazioni, un lato un po’ umoristico. Però io penso che le donne, hanno diritto ad essere se stesse, a essere quello che vogliono essere, non sottoposte ai desideri dell’uomo, che amano tra l’altro. E mentre nel lavoro accade sia agli uomini che alle donne di avere un capo, un ‘padrone’ che decide cosa va fatto e come deve essere fatto, nella vita privata spesso donne e uomini vivono la diversità, dove ‘uno è il padrone e l’altro no’. E’ vero che nel passato molte donne erano ‘la finta sottomessa’ che in realtà comandava tutta la famiglia. Però erano casi isolati”
15 i libri firmati dalla Aspesi e tutti, nella maggior parte dei casi platealmente cioè con un titolo a conferma che il tema trattato sia la donna o il rapporto uomo donna, altri in cui è evidente che se ne parli, oltre ad un titolo meno evidente. Il 15esimo, un saggio, si intitola “Delle donne non si sa niente. Le italiane, come erano, come sono, come saranno”
“Io penso che ancora ci sia poca curiosità attorno a chi sono veramente le donne. La maggior parte delle persone pensa alle donne come attraverso una visione tradizione: sono la mamma, fanno la casalinga, danno aiuto sentimentale, fanno le infermiere,.. ma non è così. Le donne sono diverse una dall’altra ed essere femmine non vuol dire essere come ha deciso la tradizione debbano essere le donne”
E proprio a questo proposito ho chiesto a Natalia Aspesi quale potrebbe essere secondo lei il destino delle donne
“Io spero che le donne si rendano conto di quanto sia importante per loro la democrazia. Solo la democrazia può rendere le donne libere e per essere libere devono avere l’aiuto degli uomini, da sole non ce la si può fare, quindi abbiamo bisogno di uomini democratici, non maschilisti”
Natalia, oggi ricorre la Giornata mondiale contro la violenza alle donne, un fenomeno che non ha più o non ha mai avuto i contorni del ‘fenomeno’. E’ una piaga della nostra società, qual è il suo pensiero?
“E’ vero accade molto spesso e riguarda il fatto che le donne vogliono essere se stesse, non al servizio amoroso, casalingo, sociale, di un uomo. E’ per questo che io dico sempre che le madri hanno una responsabilità, quindi le donne, perché allevano in modo diverso maschi e femmine. Adesso le femmine sono allevate ad essere autonome e libere. Gli uomini, tranne naturalmente molti casi, ma diciamo abbastanza in generale, sono ancora allevati dalle madri per essere il numero 1, per essere il più forte, per non essere una femminuccia, per vincere. E questo se lo portano dietro tutta la vita. Allora appena una donna che invece ha acquistato la sua indipendenza, la sua non sottomissione, vuol essere se stessa a volte rompendo un matrimonio, andandosene o non facendosi picchiare, l’uomo non ce la fa’ proprio perché lui è sicuro di essere il numero 1, cosa che non sempre è, talvolta sì e talvolta no. Io lo vedo anche negli atteggiamenti delle giovani madri che conosco. Il maschio non viene educato a essere se stesso, con i suoi punti di forza ma pure con le sue fragilità”
A seguire uno stralcio del suo intervento
Lei non pensa che ci sia la necessità di educare alla relazione, di mettere un punto e ricominciare da capo in una sorta di ‘educazione sentimentale’, ricordando il titolo di un celebre romanzo di Flaubert
“Le cose intanto sono cambiate moltissimo, almeno dalla metà del secolo scorso. Le donne si sono ribellate, le donne hanno chiesto e naturalmente hanno ottenuto, ci tengo sempre a precisarlo, con l’aiuto degli uomini, perché il Parlamento che ha approvato certe leggi era composto al 98% da uomini. Le donne hanno ottenuto, durante le guerre, di fare tantissimi lavori, perché purtroppo gli uomini, appunto, erano ‘sotto le armi’. Poi sono tornati e le donne sono dovute tornare in casa, perché non dobbiamo dimenticare che il lavoro per le donne soprattutto la carriera è da pochi decenni che c’è. Negli anni ’70 e per un periodo relativamente breve gli uomini si sono trovati su un pensiero comune, capire come cambiare. Oggi devono tornare a chiederselo, sono loro a dover avviare un percorso di cambiamento”
Patrizia Santini