Come ormai saprete, l’edizione numero settantuno del Festival di Sanremo, nonostante il dpcm che impone lo stop a tutti gli spettacoli pubblico fino al 5 marzo, andrà in scena al teatro Ariston dal 2 al 6 marzo.
Una decisione che, diretti interessati a parte, lascia basite tante categorie di lavoratori, fermi da tantissimo tempo a causa dell’emergenza sanitaria, desiderosi di ricominciare a lavorare.
In una recente intervista al quotidiano torinese “La Stampa” Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale di Genova, regista, attore e musicista, si è fatto portavoce del malcontento del mondo dello spettacolo: “Tutti i teatri sono in sofferenza, sono arrabbiati e indignati, ma siamo stati alle regole, ora però con Sanremo non ci stiamo, è discriminazione politica”. Livermore è critico, in particolare, con la soluzione adottata dagli organizzatori del Festival, il coinvolgimento di figuranti contrattualizzati e tamponati, per permetterne lo svolgimento rispettando le norme anti-Covid19: “Assisteremo a Sanremo con il pubblico in sala? Allora noi apriremo i teatri e sul palco ci sarà il nostro festival: primo concorrente Shakespeare. Davanti a Sanremo con gli spettatori dal vivo, il teatro italiano tornerà militante. (…) Noi staremo alle regole, se valgono per il Festival valgono anche per noi: riapriamo e riempiamo di comparse contrattualizzate i nostri teatri. Si ha un’idea di quanta gente del mondo teatrale, dagli attori ai tecnici, è senza lavoro da mesi? E ogni comparsa potrebbe fare una donazione al teatro, che sarà il costo del biglietto. E tutti saranno tamponati”.
A proposito delle entrate pubblicitarie legate al la manifestazione canora che incasserà la RAI, la vera ragione per cui si DEVE fare il Festival, Livermore suggerisce di “ridistribuirle sul mondo della cultura. Il teatro non si occupa di promozionare case discografiche o tour come fa Sanremo”.
Ma sarebbe l’ora che qualcuno smettesse di fare la pecora e si decidesse a fare una rivoluzione.
Figli e figliastri.
Il Festival è una macchina che fa girare dei gran soldi, dà visibilità e crea consenso. Andare a vedere qualcosa a teatro fa pensare e aumenta la socialità tra persone: per questo “distribuire” cultura è diventato un reato, visto il futuro che ci hanno preparato. Ognuno ne tragga le sue conclusioni; ricordando che prima di ribellarsi, occorre organizzarsi.
Da lavoratore dello spettacolo sono profondamente indignato da questa discriminazione
È stato e sarà Sempre così, sia per le partecipazioni e per le regole.
Dove andranno a pranzo e a cena tutti gli operatori, orchestra, discografici, manager, tecnici audio e luci, scenografi ecc ecc. Per la RAI che è parte dello stato è tutto possibile, non è assembramento! Mentre per i ristoratori italiani, operatori dello spettacolo ecc. Non è possibile se non vivi a San remo solo per quel periodo del festival. Siamo sempre lì, Figli e figliastri. Sicuramente è meglio ripartire ma ripartire tutti dal 2 marzo oppure nessuno. Non abbassiamo la testa come sempre.