Mancano pochissimi giorni all’uscita del docu-film “Ferro” e dell’album di cover “Accetto Miracoli: l’esperienza degli altri”, entrambi attesi per il 6 novembre, e Tiziano Ferro decide di raccontarsi in un’intervista sul magazine 7 del Corriere della Sera.
Un racconto che non ha nulla di autocelebrativo, ma che svela uno dei momenti più bui della vita di Tiziano: “Una sera la band mi convinse a bere. E da lì non mi sono fermato più. Bevevo quasi sempre da solo, l’alcol mi dava la forza di non pensare al dolore e alla tristezza, ma mi portava a voler morire sempre più spesso. Ho perso occasioni e amici. Io ero un alcolista! L’alcolismo ti guarda appassire in solitudine, mentre sorridi di fronte a tutti”. Ma l’alcol non era il suo unico problema: “Alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso. Pure questo, famoso, mi sembrava un difetto, forse il peggiore”.
In un passaggio dell’intervista racconta com’era la sua vita molti anni fa: “Non sono mai stato il primo della classe, ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato. Aspettavo che qualcuno intervenisse per difendermi, ma non succedeva mai. Vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato. Poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato. La musica era l’unica cosa che avevo, un canale per esprimermi in un mondo nel quale non mi riconoscevo”.
Tiziano però ha deciso di raccontare questa sua esperienza dolorosa per motivare e aiutare chi si trova nella stessa situazione e vuole smettere, dimostrando che è possibile uscire dalla dipendenza. “Ferro” sarà un’occasione per ripercorrere le tappe salienti della sua carriera, smontando l’immagine perfetta dell’artista, mostrando il lato più umano di Tiziano, come racconta lui nelle note introduttive del docu-film: “Ho sempre pensato che dietro ogni storia di dolore si nascondessero il privilegio e il dovere morale di poter aiutare qualcun altro. La mia storia me lo insegna e ogni volta che ho consegnato alla gente le mie cicatrici, si sono sempre trasformate in soluzioni. Ferro per me è questo, un altro tassello alla luce dei miei 40 anni. Un po’ storia, un po’ diario, un po’ terapia, un po’ testamento. Di certo celebrazione di un sogno”.