Anche un cuore che ha smesso di battere da venti minuti può salvare una vita. Questo grazie a una procedura innovativa applicata dagli specialisti dell’Unità Operativa di Cardiochirurgia del Sant’Orsola di Bologna, diretta dal professor Davide Pacini, assieme ai colleghi degli ospedali di Cesena e Ravenna. L’intervento, effettuato nel Policlinico bolognese, il cosiddetto trapianto da “donatore a cuore fermo”, è il primo in Emilia-Romagna di questo genere e il settimo in Italia. Al Sant’Orsola, da gennaio ad oggi, sono stati effettuati ben 39 trapianti di cuore di cui 8 pediatrici, confermandosi il primo centro nazionale per numero di trapianti per il terzo anno consecutivo.
Un traguardo reso possibile grazie alla collaborazione di una rete di professionisti ed eccellenze emiliano-romagnole, insieme al coordinamento e al supporto del Centro Nazionale Trapianti e Centro Riferimento Trapianti.
Il prelievo di un organo a scopo di trapianto viene sempre eseguito su un cadavere. La procedura si può però differenziare per le modalità di accertamento della morte del donatore: una attraverso criteri neurologici (comunemente conosciuta come “morte cerebrale” e caratterizzata per il prelievo degli organi a cuore battente), l’altra attraverso criteri cardiaci. Il secondo è il caso della donazione “a cuore fermo”. Per questa procedura la legge prevede, in Italia, un tempo di attesa e di osservazione prima del prelievo dell’organo di 20 minuti, contro i 5 minuti della maggior parte degli altri paesi europei.
In Italia è la prima volta che una simile procedura viene eseguita in una struttura che non è sede di Cardiochirurgia. Gli specialisti della Cardiochirurgia del Sant’Orsola, infatti, si sono recati all’Ospedale di Santa Maria delle Croci di Ravenna e hanno prelevato il cuore con il supporto dell’ECMO Team di Cesena, applicando una tecnica che consente di salvaguardare le funzionalità degli organi e facilitare la ripresa del cuore. Il trapianto dell’organo è stato poi effettuato presso l’IRCCS a Bologna.